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LA TUTELA DEL CONSUMATORE VINCE SUL PATRONIMICO: COSA CI INSEGNA LA SENTENZA DEL TRIBUNALE DI BOLOGNA SUL CASO LAMBORGHINI

di Beatrice Marone

La famiglia Lamborghini continua ad essere al centro della cronaca non soltanto per la fama imperitura della casa automobilistica, ma anche per una serie di conflitti interni che vedono contrapposti i suoi membri in relazione a diritti di proprietà intellettuale e industriale.

 

Con la sentenza n. 1604/2025, pubblicata il 23 giugno scorso nel caso R.G. 21409/2019, il Tribunale di Bologna ha accolto le richieste di Tonino Lamborghini e della società TL S.p.A. nei confronti di Gianmarco “Fabio” Lamborghini, nonché della manager di quest’ultimo. Tonino è figlio di Ferruccio Lamborghini, fondatore della casa automobilistica, mentre Gianmarco è il cugino, figlio di un fratello di Ferruccio. Il Tribunale felsineo ha ritenuto fondate le domande dell’attore, basate sull’articolo 21 e sull’articolo 22 del Codice della Proprietà Industriale. In particolare, l’articolo 21 CPI, al paragrafo 2, prescrive che non è consentito usare il marchio in modo contrario alla legge e, in particolare, in modo da ingenerare un rischio di confusione sul mercato con altri segni distintivi di imprese, di prodotti o di servizi altrui o, ancora, in modo da indurre in inganno il pubblico in relazione, nello specifico, a natura, qualità o provenienza di tali prodotti e servizi. L’articolo 22 CPI, invece, precisa il divieto di adottare un segno uguale o simile ad un marchio di terzi come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio  di un sito usato nell'attività economica o altro segno distintivo, se, a causa dell'identità o dell'affinità tra l'attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, anche nella forma di rischio di associazione fra i due segni.

 

Secondo la ricostruzione dell’attore, avallata dalla corte, dall’esame della produzione documentale fornita dall’attore è emerso, da un lato, che il convenuto utilizza il proprio cognome, ossia “Lamborghini”, come segno distintivo, ossia in qualità di marchio di fatto, etichetta e nome a dominio, e, dall’altro lato, che, frequentemente, accanto a tale cognome compare il nome “Fabio”, diverso dal nome anagrafico, ossia “Gianmarco”. In aggiunta a ciò, il Tribunale ha valutato che, spesso, accanto a tali termini veniva altresì posto l’elemento grafico di un toro, elemento figurativo, questo, caratterizzante anche i marchi su cui si basa la contestazione dell’attore. Secondo la corte, le modeste differenze sussistenti tra i segni utilizzati dalle parti non consentono di escludere un rischio di confusione per il pubblico dei consumatori e, in ogni caso, sono idonee ad ingenerare confusione. 

 

A nulla, dunque, è valsa la linea argomentativa del convenuto, atta a sottolineare i propri diritti sul segno “Lamborghini” in quanto patronimico. In aggiunta a quanto sopra, infatti, la corte ha anche rilevato che il contesto generale nel quale è utilizzato il nome Fabio Lamborghini quale marchio appare come evocativo della comune origine familiare: dalle evidenze documentali fornite dall’attore risulta, infatti, che il convenuto si presenta come “erede” del fondatore della casa automobilistica, pur essendo collegato allo stesso da un semplice legame familiare.

 

Ricordando una precedente decisione della Cassazione, il Tribunale ha menzionato il principio secondo cui non è conforme alla correttezza professionale l'inserimento, nella denominazione sociale, del proprio nome, coincidente con il cognome precedentemente incluso in un marchio registrato da terzi, allorché tale inserimento non sia giustificato dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all'attività, ai prodotti o ai servizi offerti. Peraltro, il fatto che il convenuto abbia svolto mansioni di promoter e guida presso il Museo Lamborghini non conduce al raggiungimento di una particolare notorietà, notorietà che, secondo la corte, deriverebbe esclusivamente dalla spendita del nome di famiglia e dalla presentazione impropria come “erede” di Ferruccio. La conseguenza di tali comportamenti risulta essere un tentativo di illegittimo agganciamento alle attività commerciali svolte dall’attore, dal momento che i segni distintivi sono stati utilizzati dal convenuto con funzione commerciale.

 

A seguito di quanto indicato nei paragrafi precedenti, nonché all’accertamento della concorrenza sleale per concorrenza confusoria, il Tribunale ha stabilito, per il convenuto, l’inibitoria a proseguire l’utilizzo del segno “Fabio Lamborghini” o, comunque, “Lamborghini”, in qualsiasi forma o carattere scritto, unito o meno ad altre parole, segni grafici o sigle od anche riportato come firma, nonché a spendere in qualunque modo la qualità di erede di Ferruccio Lamborghini.

 

La decisione ha anticipato di qualche settimana l’ordinanza della I sezione civile della Corte di Cassazione datata 8 luglio 2025 che ha annullato la decisione della Commissione dei Ricorsi dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (UIBM) in merito all’opposizione proposta nei confronti della domanda di marchio italiano per il segno “ELETTRA LAMBORGHINI”. Elettra Miura Lamborghini, figlia di Tonino, aveva, infatti, promosso appello nei confronti della decisione emessa nel contesto dell’opposizione alla registrazione della propria domanda di marchio per il segno “ELETTRA LAMBORGHINI”. La Commissione dei Ricorsi aveva accolto il ricorso, evidenziando che, valutando la notorietà acquisita in ambito “civile” e il suo prospettato sfruttamento a scopi commerciali, appare difficile sostenere che l’uso del patronimico “Elettra Lamborghini” da parte dell’avente diritto consentirebbe a quest’ultima di trarre un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio anteriore “Lamborghini” e, al contempo, evidenziando che il rifiuto della registrazione impedirebbe alla titolare della domanda di sfruttare commercialmente la propria notorietà, acquisita, quantomeno in parte, al di fuori e a prescindere da quella del marchio anteriore. Tuttavia, secondo la Cassazione, il giudizio della Commissione dei Ricorsi non è completo, in quanto è necessario esaminare, oltre alle circostanze già considerate, anche le eventuali conseguenze dell’uso e della registrazione del marchio “Elettra Lamborghini” nei confronti del consumatore medio del marchio automobilistico “rinomato”. Ciò poiché, nella prospettiva della Cassazione, non è sufficiente, perché possano convivere pacificamente, tanto sul mercato quanto sul Registro, che i marchi oggetto di analisi si riferiscano a settori merceologici distinti.