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LE START-UP CHE NON TI ASPETTI: LA NUOVA LEGISLAZIONE SVIZZERA PER LE CASE DI PRODUZIONE INDIPENDENTI

Al sentire il termine start-up si pensa immediatamente all’ambito tecnologico, forse a causa del fatto che sono proprio le micro-imprese operanti in questo specifico settore a guadagnare gli onori della cronaca. Tuttavia, la definizione di start-up riguarda non l’industria all’interno del quale l’impresa mette in atto le proprie attività, quanto un modello di business che viene fotografato proprio nella fase iniziale, ossia nel momento in cui un nucleo limitato di persone, a cui corrisponde, nella prassi, un ammontare altrettanto limitato di risorse economiche, spesso ottenute tramite sistemi di crowd-funding, si “mette all’opera” al fine di concretizzare un’idea che, secondo le prospettive, potrebbe garantire una moltiplicazione degli introiti nel medio-lungo periodo.

 

Non dovrebbe stupire, dunque, il fatto che rientrino all’interno della categoria anche le case di produzione cinematografica indipendente, in relazione alle quali, tuttavia, il pubblico spesso non conosce sino in fondo le dinamiche che si celano dietro il prodotto finale proiettato sul grande schermo, trasmesso sulle reti televisive o sulle piattaforme streaming. A titolo di esempio, l’ormai celebre Notorious Pictures nasce nel 2012 proprio come distributore indipendente e ottiene un successo tale da raggiungere, in soli due anni, la quotazione in Borsa nell’Alternative Investment Market dedicato alle piccole e medie imprese; nel 2015 inizia a diversificare le proprie attività inserendosi proprio nel novero delle case di produzione e, nel 2017, viene inserita nell’elenco delle PMI innovative, grazie al quale gli investitori sono in grado di ottenere agevolazioni fiscali dalla propria partecipazione. Tuttavia, rimangono moltissime le case di produzione che non registrano, almeno per il momento, tali cifre e la cui crescita deve essere implementata tramite iniziative che coinvolgano l’ordinamento giuridico.

 

Un risvolto particolarmente interessante per il settore emerge dagli emendamenti che, dal 31 dicembre 2023, entreranno in vigore con riferimento alla “Legge federale sulla produzione e la cultura cinematografiche” svizzera, originariamente datata 2001. L’attenzione è posta, in particolare, sul Capitolo 3A, intitolato “Prescrizioni sulla promozione della pluralità dell’offerta cinematografica al di fuori del cinema”, a cui appartiene la Sezione 2 dedicata alla “Considerazione della creazione cinematografica svizzera indipendente” in cui sono stati inseriti gli articoli 24b e seguenti. La nuova previsione indica, infatti, che “le imprese che in Svizzera mostrano film nei loro programmi, o li offrono tramite servizi elettronici su richiesta o in abbonamento, devono destinare ogni anno almeno il 4 per cento dei loro proventi lordi alla creazione cinematografica svizzera indipendente o versare una corrispondente tassa sostitutiva”. In questo modo, si intende regolamentare una quota fissa che viene richiesta, in sostanza, alle emittenti televisive ma, in maniera più rilevante, alle piattaforme streaming, a sostegno della produzione indipendente nazionale. Contemporaneamente, l’articolo 24a, dedicato alla “Pluralità dell’offerta cinematografica”, codifica l’impegno, per i medesimi servizi di streaming, a dedicare almeno il 30% della programmazione a film europei che siano designati come facilmente reperibili.

 

Ancor più considerevole è il fatto che tali modifiche siano state rese oggetto di un referendum popolare in data 15 maggio 2022. Alle opinioni dei contrari, secondo i quali l’imposizione della quota del 30% di film europei tra le proposte danneggerebbe la diversità e la libertà di scelta del consumatore, nonché l’obbligo di devolvere il 4% dei proventi lordi condurrebbe ad un incremento del costo degli abbonamenti, il 58,4% della popolazione elvetica partecipante al referendum ha replicato come, da un lato, l’introduzione di tali previsioni produca un rafforzamento dell’industria cinematografica e crei nuovi posti di lavoro mentre, dall’altro, si ottenga una parificazione nel trattamento delle reti televisive e dei servizi di streaming. Le esigenze di un più ampio livello di tutela dell’industria cinematografica svizzera derivano dal fatto che lo sviluppo della stessa si è registrato in una finestra temporale successiva rispetto a quella dei paesi vicini, dovuto al fatto che il multilinguismo spingeva gli operatori ad indirizzarsi proprio alle esperienze limitrofe. Ovviamente, i fondi derivati dal 4% dovuto alle case di produzione indipendente svizzere potranno essere dalle stesse utilizzati, da un lato, in attività di formazione – con il desiderio, ad esempio, della Ticino Film Commission di sviluppare corsi destinati a tutte le maestranze – mentre, dall’altro, si aprono importanti scenari anche per le imprese italiane interessate alla co-produzione con i corrispettivi svizzeri.

 

L’industria audiovisiva, dunque, si configura come il terreno perfetto per le esperienze di implementazione della valorizzazione degli asset intangibili nel panorama delle start-up, dal momento che in poche occasioni si è posti di fronte ad una cornice all’interno della quale opera una galassia di diritti di proprietà intellettuale ed industriale così ampia: soltanto a titolo di esempio, ci si trova dinnanzi non esclusivamente ai diritti d’autore sul prodotto finale, ma anche a quelli sulle sceneggiature alla base delle opere e sulle composizioni musicali inserite all’interno; occorre, inoltre, valutare il valore economico dei marchi e gli ulteriori segni distintivi delle case di produzione e delle imprese di distribuzione, confrontarsi con i diritti di immagine degli attori coinvolti, impostare strategie relative al know-how delle ulteriori maestranze, ecc.. Tutto ciò mentre è stato recentemente prorogato sino al 18 agosto 2024 il termine per l’esercizio della delega legislativa per il riordino della normativa in materia di spettacolo, previsto dalla legge n. 106/2022.