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Wycon S.p.A. contro Kiko S.p.A. – Cass. Civ. 30 aprile 2020 n. 8433

Con sentenza del 30 aprile 2020 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso Kiko-Wycon, fissando alcuni importanti punti relativi alla tutelabilità del layout di ambienti interni, con particolare riferimento, nel caso di specie, ai punti vendita della catena di negozi appartenenti alla Kiko S.p.A.

 

Protagoniste della presente controversia, sorta nel 2013, sono la Kiko S.p.A. (Kiko) e la Wycon S.p.A. (Wycon), entrambe società operanti nel settore della cosmesi. In particolare, la prima aveva lamentato dinnanzi al Tribunale di Milano la violazione dei diritti esclusivi relativi all’arredamento e all’allestimento (trade dress) dei propri negozi, da parte di Wycon.

 

La decisione di primo grado, così come quella di appello, avevano riconosciuto l’applicabilità della tutela autorale ex art. 2 n. 5 l.a. al design interno dei negozi Kiko, nonché la sussistenza di una fattispecie di concorrenza parassitaria ex art. 2598 comma 3 c.c., con conseguenti pronunce inibitorie e risarcitorie.

 

La recente decisione della Suprema Corte ha il merito di aver confermato e chiarito alcuni aspetti della legge sul diritto d’autore con specifico riferimento alle opere dell’architettura, servendosi a tal fine anche della recente giurisprudenza europea.

 

Tra i punti di maggiore interesse può anzitutto segnalarsi la riconducibilità stessa della fattispecie concreta all’art. 2 n. 10 l.a., inerente alla tutela delle opere dell’architettura. In particolare, la ricorrente ha sostenuto che il progetto di allestimento interno dei negozi non rientrasse nelle opere di natura architettonica, mancando il requisito dell’incorporazione del progetto nell’ambito di uno spazio specificamente individuato e con elementi strutturali fissi. Tuttalpiù, il caso avrebbe potuto essere ricondotto all’ art. 2 n. 10 l.a., che tutela invece le opere del design industriale.

 

A tale proposito, la Corte ha sancito che un progetto o un’opera di arredamento di interni è proteggibile ai sensi dell’art. 5 n. 2 l.a. “a prescindere dal requisito dell’inscindibile incorporazione degli elementi d’arredo con l’immobile”, in virtù dell’ampliamento del concetto di architettura a cui si è assistito negli anni, sposando dunque l’orientamento dottrinale prevalente. Si tratta di un aspetto rilevante, considerando che la pretesa applicabilità da parte della ricorrente (tuttalpiù) dell’art. 2 n. 10 l.a. avrebbe implicato la necessaria sussistenza di un requisito ulteriore ai fini della proteggibilità, ossia quello del “valore artistico”, espressamente previsto per le opere del design.

 

Wycon tuttavia, non solo ha criticato l’inquadramento del caso di specie nell’ambito dell’art. 2 n. 10 l.a., ma ha ritenuto di doversi escludere in toto l’applicabilità stessa del diritto d’autore, sostenendo che il design d’interni potesse essere semmai tutelabile quale marchio tridimensionale, come peraltro riconosciuto anche dalla Corte di Giustizia nel caso Apple (CGUE 10 Luglio 2014, Causa C421/13), richiamato dalla Corte di Cassazione. In effetti, Kiko aveva tentato di registrare il layout dei propri negozi come marchio tridimensionale, vedendo tuttavia rifiutata la propria domanda da parte dell’EUIPO “per carenza della capacità distintiva originaria o acquisita”.

 

La Corte di Cassazione ha affrontato tale tema facendo applicazione della recente giurisprudenza europea, in particolare relativa al caso Cofemel (12 Settembre 2019, Causa C-683/17). La citata decisione si era occupata della tutelabilità ai sensi del diritto d’autore delle opere del design industriale (si trattava, in particolare, di capi d’abbigliamento). La Corte aveva anzitutto confermato la cumulabilità della protezione garantita dalla disciplina sui disegni e modelli e quella derivante dal diritto d’autore, escludendo peraltro che tale ultima protezione potesse dipendere dalla sussistenza o meno di un particolare pregio estetico del prodotto. I giudici Europei avevano anzi richiamato il concetto di “opera” elaborato dalla stessa giurisprudenza europea, riferendosi a tal fine alle sentenze Infopaq e Levola Hengelo (rispettivamente: CGUE 16 Luglio 2009, Causa C-5/08 e CGUE 13 Novembre 2018, Causa C-310/17) affermando dunque che ciò che rileva ai fini dell’applicazione del diritto d’autore è la presenza di due requisiti: il carattere creativo e la precisa identificabilità dell’opera. Laddove tali requisiti siano soddisfatti dovrà ritenersi integrata la nozione di “opera” e, in quanto tale, essa sarà proteggibile tramite applicazione della legge sul diritto d’autore.

 

Vero è, come afferma la Corte di Cassazione nel presente caso, che le opere dell’architettura, così come quelle del design, si distinguono dalle opere di altra natura (quali quelle artistiche o letterarie), trattandosi di cosiddetta “arte applicata”, caratterizzata quindi da aspetti di funzionalità oltre che di mera elaborazione intellettuale, la cui “eccessiva” tutelabilità potrebbe determinare conseguenze lesive per la concorrenza, ma è altrettanto vero che «quando il legislatore ha voluto riservare la tutela autorale soltanto ad una fascia elevata di creatività, in correlazione alla specifica destinazione dell’opera dell’ingegno al mercato, lo ha indicato espressamente, come ad es. ha fatto per le opere del disegno industriale, per le quali l’art. 2 n.10 l.a. richiede sia il ‘carattere creativo’ sia il ‘valore artistico’».

 

Ora, tornando al caso di specie, i requisiti dell’originalità e della precisa identificabilità necessitano di un accertamento di fatto, che non può dunque essere operato dalla Corte di Cassazione. Tuttavia, i due precedenti gradi di giudizio ne hanno confermato la sussistenza. Da un lato, perché l’apporto creativo che caratterizza il progetto realizzato dallo Studio Iosa Ghini, commissionato da Kiko, risulta idoneo ad integrare il requisito previsto dalla normativa autorale, in quanto frutto non di mere scelte funzionali; dall’altro perché, seppur manchi, secondo la ricorrente, “un progetto di arredo definito in tutti i suoi connotati espressivi” (e il diritto d’autore, in effetti, tuteli le specifiche forme espressive e non le idee) i giudici di merito hanno ravvisato nel progetto di un concept-store generale una forma espressiva ben identificabile, destinata ad essere replicabile e adattabile alle diverse esigenze degli stores Kiko.

 

Sintesi delle valutazioni svolte si ritrova nel principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione, secondo cui: «in tema di diritto d'autore, un progetto o un'opera di arredamento di interni, nel quale ricorra una progettazione unitaria, con l'adozione di uno schema in sé definito e visivamente apprezzabile, che riveli una chiara "chiave stilistica", di componenti organizzate e coordinate per rendere l'ambiente funzionale ed armonico, ovvero l'impronta personale dell'autore, è proteggibile quale opera dell'architettura, ai sensi dell'art.5 n. 2 La. («i disegni e le opere dell'architettura»), non rilevando il requisito dell'inscindibile incorporazione degli elementi di arredo con l'immobile o il fatto che gli elementi singoli di arredo che lo costituiscano siano o meno semplici ovvero comuni e già utilizzati nel settore dell'arredamento di interni, purché si tratti di un risultato di combinazione originale, non imposto dalla volontà di dare soluzione ad un problema tecnico-funzionale da parte dell'autore».