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La CGUE conferma che nessuna remunerazione è dovuta per la diffusione di fonogrammi contenuti in opere audiovisive (Atresmedia Corporación de Medios de Comunicación SA contro AGEDI e AIE - C‑14719)

Di Marco Zugna

 

Con sentenza del 18 novembre 2020 caso C147/19, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (“CGUE”) si è espressa sui temi della comunicazione al pubblico di opere audiovisive, di fonogrammi, di loro riproduzioni coperte da diritto d’autore e del connesso diritto ad un’equa remunerazione per gli artisti, interpreti o esecutori, e produttori di fonogrammi. A livello europeo tale remunerazione è garantita dagli articoli 8, paragrafo 2 delle Direttive 92/100/CEE del Consiglio del 19 novembre 1992 e 2006/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, riguardanti il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d’autore in materia di proprietà intellettuale. Si segnala, a scopo puramente informativo, che tale diritto alla remunerazione dei soggetti sopra citati è inoltre garantito, in Italia, dall’articolo 73 della Legge 22 aprile 1941, n. 633 (Legge sul diritto d’autore).

 

Il 29 luglio 2010 gli enti spagnoli rappresentativi degli interessi dei produttori di fonogrammi e di artisti, interpreti o esecutori, nel campo della proprietà intellettuale (rispettivamente Asociación de Gestión de Derechos Intelectuales e Artistas Intérpretes o Ejecutantes, Sociedad de Gestión de España) citavano in giudizio presso il Tribunale commerciale di Madrid l’Atresmedia Corporación de Medios de Comunicación SA, società proprietaria di varie reti televisive, sulle quali vengono trasmesse al grande pubblico opere audiovisive. Le associazioni menzionate chiedevano ad Atresmedia un indennizzo, in favore dei propri assistiti, a fronte della comunicazione al pubblico di fonogrammi di titolarità degli aderenti alle associazioni stesse o di riproduzioni dei medesimi fonogrammi a fini commerciali, comunicazioni entrambe poste in essere per tramite delle opere audiovisive trasmesse dalla società sulle proprie reti.

 

A seguito del rigetto, da parte della Corte di primo grado, della domanda attorea per infondatezza della stessa, gli enti sopracitati ottenevano, successivamente, l’annullamento di tale sentenza di primo grado e l’accoglimento della domanda da parte della Corte provinciale di Madrid, avanti alla quale avevano presentato appello. La Corte suprema spagnola, chiamata a decidere dell’ulteriore ricorso presentato da Atresmedia nei confronti della decisione di secondo grado, decideva – quindi – di sospendere il procedimento per sottoporre alla Corte Europea due questioni pregiudiziali: 1- Se la diffusione per scopi commerciali di un fonogramma  contenuto all’interno di un’opera audiovisiva possa, o meno, qualificarsi quale “riproduzione di un fonogramma pubblicato a scopi commerciali” secondo quanto disposto dagli articoli 8, paragrafo 2, della Direttiva 92/100 e della Direttiva 2006/115; 2- Se tale diffusione di fonogramma, contenuta in un’opera audiovisiva comunicata al pubblico, dia, o meno, diritto agli artisti, interpreti o esecutori, e ai produttori di fonogrammi all’equa remunerazione, così come prevista in favore degli stessi dai medesimi articoli delle menzionate Direttive.

 

Atteso quanto sopra, occorre puntualizzare che le Direttive citate non contengono una definizione di “fonogramma” e di “riproduzione di fonogramma”, né contengono un rinvio al diritto degli Stati Membri per l’interpretazione di tali termini: per tale motivo, secondo quanto stabilito dalla CGUE nella precedente sentenza dell’8 settembre 2020, Recorded Artists Actors Performers, C265/19, l’interpretazione dei termini considerati va effettuata tenendo conto del “… tenore letterale di tale disposizione, del contesto in cui essa si inserisce, in particolare della sua genesi e del diritto internazionale, nonché degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte…”.

 

La Corte, dunque, nell’ambito della sentenza C14719 qui esaminata, faceva riferimento all’articolo 3, lettera b), della Convenzione di Roma del 26 ottobre 1961 e all’articolo 2, lettera b), del Trattato dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) sulle interpretazioni ed esecuzioni e sui fonogrammi (altresì noto come “TIEF”). Questi articoli definiscono i “fonogrammi” quali fissazioni esclusivamente sonore dei suoni di un’esecuzione o di altri suoni, non incorporate in un’opera cinematografica o in altra opera audiovisiva. Sulla base di quanto premesso, la Corte giungeva, dunque, alla conclusione che “…un fonogramma incorporato in un’opera cinematografica o in un’altra opera audiovisiva perde la sua qualità di «fonogramma» in quanto fa parte di una simile opera, senza tuttavia che tale circostanza abbia una qualche incidenza sui diritti su tale fonogramma in caso di utilizzo di quest’ultimo indipendentemente dall’opera di cui trattasi.” Poiché la legittimità dell’inclusione del fonogramma all’interno dell’opera audiovisiva, frutto di accordi estranei ad Atresmedia con i titolari dei diritti sul fonogramma, non è mai stata oggetto di dibattito e poiché, al contempo, non è mai stata contestata ad Atresmedia un’ipotetica trasmissione al pubblico del fonogramma in maniera disgiunta dall’opera audiovisiva in cui è inclusa, la Corte giungeva alla conclusione che non sussiste giustificazione per il pagamento di un’equa indennità in favore degli artisti interpreti o esecutori e dei produttori di fonogrammi.

 

Per quanto concerne la definizione di “riproduzione di fonogramma” contenuta negli articoli 8, paragrafo 2, della Direttiva 92/100 e della Direttiva 2006/115, la Corte ne affrontava l’interpretazione affidandosi nuovamente all’articolo 3, lettera b), della Convenzione di Roma e all’articolo 2, lettera b) del TIEF: essi qualificano la riproduzione come l’attività di “realizzazione di un esemplare o di più esemplari di una fissazione” di un suono. In termini più facilmente comprensibili, ciò comporta la creazione di copie del supporto su cui è registrata la traccia sonora. Tuttavia, il comportamento descritto dagli articoli 8, paragrafo 2, della Direttiva 92/100 e della Direttiva 2006/115, fondamento del diritto all’equa remunerazione degli artisti e dei produttori di fonogrammi, non è quello della realizzazione di copie del fonogramma quanto, invece, quello della comunicazione e della trasmissione al pubblico per scopi commerciali dei fonogrammi o di sue rappresentazioni. Alla luce del fatto che le opere audiovisive contenenti riproduzioni di fonogrammi non possono essere considerate a loro volta fonogrammi, la diffusione al pubblico di riproduzioni delle suddette opere audiovisive non può dare diritto ad un’equa remunerazione in favore dei soggetti tutelati dalla Direttiva 92/100 e dalla Direttiva 2006/115.

 

Quanto esposto dalla CGUE dà vita ad un principio estremamente importante: la molteplicità di opere di varia tipologia che partecipano alla creazione di un’opera cinematografica/audiovisiva (immagini, musiche, testi, performance, etc.), previa autorizzazione dei singoli titolari dei diritti, porta alla creazione di un nuovo, autonomo oggetto di diritti di proprietà intellettuale, slegato dalle singole opere che compongono l’opera cinematografica/audiovisiva. Per tale motivo, la diffusione al pubblico a fini commerciali di tale opera potrà avvenire esclusivamente tramite un accordo con i soli titolari dei diritti di sfruttamento sull’opera stessa.